venerdì 7 maggio 2010

La rappresentazione del disagio psichico


... La gente mi chiedeva se ero un po’ giù ed io dicevo che sì, un pochino e di solito la conversazione non durava molto a lungo. Dopo qualche giorno capivo che era il momento di fare le valigie e trovare un altro rifugio, cercando il più possibile di evitare il rientro in città. A settembre, visto che le cose non miglioravano, e in particolare che non ce la facevo più a passare le notti in bianco, andai dal mio medico che poi era anche un mio amico. Volevo qualcosa per dormire. Lui mi visitò, mi fece parlare dei miei sintomi, misurò la pressione, guardò negli occhi con una lampadina, mi fece fare degli esercizi un po’ dementi di equilibrio e alla fine disse che avrei fatto meglio a farmi vedere da uno specialista.
“Che vuoi dire, scusa. Che specialista?”.
“Beh, uno specialista di questi problemi”.
“Quali problemi? Dammi qualcosa per dormire e facciamola finita”.
“Guido la soluzione è un po’ più complessa. Hai un’aria molto tirata. Non mi piace il modo in cui ti guardi attorno. Non mi piace come ti muovi, non mi piace come respiri. Io devo dirtelo: tu non stai bene. Devi farti vedere da uno specialista”.
“Vuoi dire uno…” . avevo la bocca secca. Per la testa mi passavano pensieri sconnessi. Forse vuol dire che devo farmi vedere da un internista, o da un omeopata. Un masso terapeuta. Anche un ayurvedico. Ah va bene se devo andare da un internista, masso terapeuta, ayurvedico, omeopata e vaffanculo non c’è problema, ci vado non mi sottraggo mica alle cure io. Mica ho paura. Perché…UNO PSICHIATRA? Hai detto uno psichiatra? Mi veniva da piangere…


Tratto da: Testimone inconsapevole, Gianrico Carofiglio, Sellerio editore Palermo





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